In tema di Risorse Umane inizio ad occuparmi della fase che definisco ricognitiva. Quella che può precedere la decisione di implementare o diversificare l’organico e che, a prescindere da eventuali nuove assunzioni, dovrebbe porsi come una prassi periodica strategica. La fase ricognitiva è una fase di osservazione e valutazione, dei risultati indubbiamente ma anche delle potenzialità inespresse che potrebbero rivelarsi di grandi utilità per gli obiettivi d’impresa e del clima aziendale che può favorire o penalizzare gli andamenti.

Questo significa:
– conoscere le Risorse Umane, le loro competenze e le loro effettive applicazioni;
– considerare le abilità non sfruttate o mal gestite;
– attivare un processo che valorizzi e motivi;

Sostanzialmente è un passaggio che ritengo essenziale per verificare reali necessità di nuove Risorse, valorizzare talenti o skills latenti, ridistribuire compiti e responsabilità, vagliare l’opportunità di formule incentivanti o premianti.
Spesso infatti la situazione viene data per scontata da ambedue le parti e può generare malcontento, limitare gli stimoli e rivelarsi poco produttiva e poco efficace.
Intendo dunque una “caccia al tesoro” concreta e puntuale: non sui ruoli ma sulle azioni effettive, sui risultati reali, sulle qualità accertate.

Non è raro che gli assetti organizzativi non siano funzionali agli scopi dell’azienda o alle esigenze di cambiamento, innovazione, ampliamento. Non è neanche raro che vi siano competenze non impiegate, capacità creative non colte, ragioni di scarso rendimento sottovalutate.

L’azienda del terzo millennio non può permettersi una gestione superficiale del personale e i relativi costi e rischi. Deve impegnarsi a intercettare il tesoro interno e sostenerlo nella formazione, nell’aggiornamento, nel benessere lavorativo.

E’ una grande questione, una grande sfida. Il processo di evoluzione delle Risorse Umane è imprescindibile e il passo è sempre quello della corretta individuazione del valore e della migliore performance raggiungibile dal singolo e poi dal gruppo.

Una gestione di successo delle Risorse Umane non può che prevedere un costante monitoraggio del loro ‘stato di salute’.
Per questo è necessario migliorare la comunicazione interna, tenere ben presenti le leve retributive, verificare la qualità delle prestazioni, porre in essere una politica di coinvolgimento che metta a fuoco una vision collettiva e nello stesso tempo enfatizzi gli apporti individuali.

Personalmente ritengo che un leader ha una marcia in più quando osa investire sul cavallo vincente ma anche quando sa portare ciascuno e l’intero team al suo massimo livello.
Aggiungo di più. Oggi bisogna avere il ‘coraggio’ di uscire dagli schemi, di vedere e far fruttare le differenze, di captare da ogni Risorsa Umana il tesoro prezioso per l’azienda.
Faccio un solo esempio, molto pratico e significativo: quante e quali competenze digitali o creative sono presenti in azienda ma non impiegate o non apprezzate, messe in risalto e ottimizzate?