In senso ampio e generico, parliamo di performance, e di conseguenti modelli di valutazione della stessa, riferendoci alla prestazione e al rendimento nella realizzazione concreta di un’attività, di un comportamento, di una situazione determinata.

Sinteticamente un’impresa performante è un’impresa che riesce efficacemente a raggiungere i suoi obiettivi. L’aggettivo “performante” esprime appunto l’attitudine, la capacità dell’impresa, a perseguire gli obiettivi aziendali. I riferimenti classici della performance sono le tre E di efficienza, efficacia ed economicità.

L’Azienda considera sostanzialmente performante quindi la Risorsa Umana ‘che fa bene il suo lavoro’ nel senso che produce i risultati sperati e contribuisce alla realizzazione degli obiettivi aziendali. Tradizionalmente il risultato è stato per lo più individuato in termini finanziari, in applicazione di una stretta connessione tra performance e profitto. Questa è una logica aziendale naturale (che ha risposto anche alla facilità di giudizio) che ha però bisogno, come fortemente rilevato negli ultimi anni, di un respiro più largo, meno stringente in termini di tempo e consapevole di necessità di sviluppo ed evoluzione che presuppongono apporti e criteri di verifica decisamente più lungimiranti.

Le misure di performance sono parametri che dovrebbero permetterne l’analisi quantitativa e qualitativa e sono attualmente distinguibili almeno in: misure di risultato, misure di processo e misure di efficacia sociale (la misurazione di questa classe di indicatori è imprescindibile da parte delle organizzazioni che intendono perseguire una strategia orientata alla responsabilità sociale d’impresa).

Restando sulla performance del singolo è evidente che una corretta valutazione può avvenire solo a fronte di: obiettivi ben definiti, chiarezza di comunicazione e coinvolgimento del team, reale possibilità del collaboratore di influire sui risultati (con misure controllabili), adeguate misure di valutazione.

In termini di risultati mi interessa molto la misura della qualità, che rappresenta un elemento fondamentale e peculiare nell’analisi delle misure di performance. E mi interessa molto in un’ottica di Industry 4.0 dove il risultato non è solo l’utile di breve periodo.

Se la valutazione è essenziale a monitorare la bontà e le capacità del capitale umano, a meditare eventuali interventi correttivi, a verificare la necessità di una differente gestione o di un’implementazione di competenze, ad assicurarsi la possibilità complessiva di una presenza e di un’azione adeguati al mercato, il concetto di qualità, della performance e dei risultati, è assolutamente strategico.

Voglio citare il paradigma dell’economia del bene comune, nel quale i comportamenti economici si basano su quei valori che contribuiscono a costruire e rendere appaganti le relazioni interpersonali. Un modello economico che vede la sostenibilità delle imprese come uno degli elementi costitutivi di una società attenta al reale benessere delle persone, alle esigenze collettive e del territorio. Ma, se pur non volessimo ancora o del tutto accedere all’avanguardia dell’impresa socialmente responsabile, possiamo -anzi, a parer mio, dobbiamofar entrare vigorosamente in azienda l’idea di portata innovativa e creativa di una prestazione lavorativa.

Mi piace parlare di valore aggiunto di una Risorsa Umana: quello che deriva dai valori e dai contenuti di un contributo che accresca le prospettive di competitività dell’Azienda.

Non è affatto relativa, la qualità, se siamo in grado di ancorarla a principi e scopi definiti. E questa può non portare un risultato economico immediato ma porre le basi per uno sviluppo di maggior peso a medio-lungo termine. E’ facile pensare alle competenze tecnologiche, alle capacità di cavalcare il cambiamento, alle abilità che danno un nuovo passo al know-how aziendale.

Il discorso è complesso e tornerò ad approfondirlo, mi preme intanto che i leader prendano confidenza con una differente percezione della performance, del risultato, della produttività.