Siete ancora convinti che essere multitasking sia come avere l’asso vincente nella manica?

Ha fatto la sua parte, nei curricula e nell’idea dei valutatori. Ora andrebbe messo quasi al bando. Non siamo programmati per fare bene molte cose contemporaneamente. E il tempo 4.0 vuole cose fatte bene: vuole competenze, vuole inventiva, vuole attenzione, vuole valore e valori.

Forse abbiamo confuso i termini, i piani, le proporzioni. Forse abbiamo idealmente identificato il multitasking con una mentalità flessibile. Forse ci siamo illusi che qualche capacità e tanta buona volontà potessero ricoprire egregiamente moltissimi ruoli nello stesso momento. E, soprattutto, qualcuno ha creduto che questo fosse come la formula magica dell’intelligenza, del talento e dell’efficienza.

La realtà dei risultati ci racconta molto altro. In primis ci spiega che l’efficacia dei pensieri e delle azioni è strettamente correlata all’attenzione, un’attenzione piena, non frazionata, confusa e parziale come quella che presta chi si muove su mille tavoli. Poi ci illumina sulle qualità davvero importanti, qui e ora: la qualità delle performance, la creatività, il livello di motivazione e resilienza, lo spirito ottimista.

Iperconnessi, in una dimensione di cambiamento anche convulso, nelle difficoltà della concorrenza, i veri cavalli di battaglia sono l’originalità e un vivacissimo, quanto veloce, pensiero critico.

Se il multitasking è insidioso, genera stress e riduce la produttività, il pensiero critico è il navigatore ideale per la massa di input dell’era digitale, per le variegate opportunità del mercato, per lo scambio e le dinamiche relazionali, per l’orientamento alla soluzione dei problemi.

Sviluppare il pensiero critico vuol dire riflettere, porsi domande, considerare alternative. Nel sovraccarico di dati di un’epoca complessa e di un business difficile essere capaci di intercettare quelli utili, verificare la loro validità, attivare la loro analisi, promuovere i collegamenti mentali necessari, è un fiore all’occhiello.

Il pensiero critico non è solo un rivelatore di errori o incoerenze, è la capacità di giudicare ciò che è apprezzabile e la ragione per cui lo è.

Se il multitasking prende per buona la prima informazione di google, il pensiero critico le passa tutte al setaccio e individua quella giusta.

L’ulteriore vantaggio è l’apertura, apertura che ritengo essenziale nel terzo millennio delle aziende: uno spirito critico è curioso quindi osserva, confronta, soppesa, arricchisce continuamente il suo bagaglio di conoscenze.

Un po’ di creatività su un pensiero critico può dunque rivoluzionare il mondo. Un affannato multitasking rimarrà sempre un cervello spalmato qua e là, poco focalizzato, scarsamente in grado di grandi picchi di eccellenza.

L’Industry 4.0 può digitalizzare molti processi e automatizzare molte attività, cambiare quindi le Risorse necessarie e le hard skills interessanti, non potrà mai fare a meno invece dell’intelligenza emotiva, del pensiero critico, della genialità.

Siamo di fronte a un cambio di passo fortissimo, a occasioni molto radicali, con la robotica, i big data, l’internet delle cose, i nuovi materiali e così via, un leader non può davvero pensare che basti una sorta di adeguamento tecnologico. C’è bisogno di strategia, di autentico rinnovamento, di sensibilità profonde.

Il multitasking cela solo il grande rischio della banalità, della superficialità, dell’approssimazione. Cosa suggerisco a leader e management? Di cercare e valorizzare le nuove skills, l’azienda che non lo fa è destinata a soccombere.