C’è chi vorrebbe essere imprenditore, chi aspira alla carriera e chi ai vertici c’è e ne avverte l’affanno.

Chi è al comando, il top manager, chi dirige la squadra, spesso sente il peso e la pressione della solitudine. Si chiama responsabilità, si chiama rischio, si chiama rovescio della medaglia, comunque è la condizione che vive chi è al vertice di un’organizzazione.

Quando dipende da te la decisione, quando è tua l’ultima parola, quando sei tu a pagare l’errore, quando ti trovi tu al bivio delle scelte, la sensazione di solitudine è inevitabile. Lo è anche perché spesso hai l’impressione che nessuno se ne curi, che nessuno possa capirlo, che nessuno apprezzi quello che sopporti e fai o che addirittura vi sia chi ti ostacola.

L’imprenditore in primis vive non raramente questa situazione, soprattutto nei tempi difficili. Chiamo eroi più di tutti gli imprenditori del terzo millennio che in una rivoluzione impegnativa, caotica, rapidissima, sono scarsamente apprezzati, raramente incentivati e a certe latitudini anche bersaglio di vessazioni. A loro carico più aspettative che lodi, insomma.

Da imprenditore e business coach non posso che essere consapevole e solidale. Ma non è questo il mio scopo. In verità vorrei trasmettere molto di più. Perché in fondo sono decisamente convinto della straordinaria importanza del ruolo degli imprenditori, in qualsiasi epoca. È a moltissimi imprenditori che dobbiamo l’innovazione, servizi di eccellenza, produzioni di qualità e non da ultimo la generazione di tutta la ricchezza dei nostri Paesi. Hanno scritto grossi pezzi di storia e ne scriveranno molti altri. Grazie alle ambiziose vision e al coraggio di molti di loro molte cose si sono create, molte strade si sono aperte, molte utilità e molti confort hanno migliorato la nostra vita. Sono proprio i loro sogni produttivi ad aver generato molto, moltissimo, di quello di cui godiamo.

In questo intravedo la vera luce che può sollevare lo spirito, dare l’energia e la motivazione non solo per la resistenza quotidiana ma anche per il continuo cammino di evoluzione e sviluppo. 4.0 è infatti anche il tempo delle straordinarie opportunità, quello in cui noi eroi (mi includo;-)) possiamo apportare nuovo valore e offrire nuove prospettive.

Credo che il ruolo degli eroi andrebbe culturalmente riconosciuto, credo che gli imprenditori debbano essere visti come tasselli fondamentali del tessuto e delle dinamiche sociali ed economiche. Può darsi però che ancora una volta spetti a noi ricavarcelo, questo posto. Ecco perché giovano più che mai potere e serenità personali, ottimismo, pensiero positivo, buon equilibrio interiore.

Una sfida, un’altra sfida da raccogliere in cui il contraltare alla solitudine è il benessere che si è capaci di procurare al pubblico.

D’altra parte è pur vero che si parla sempre più di leadership diffusa, di holacracy, di un modello di leader che guida e motiva un team dove ciascuno è leader di se stesso e responsabile, ha un forte senso di appartenenza all’azienda e di partecipazione al suo presente e al suo futuro. Questa ‘condivisione’ amplifica le possibilità e allenta le solitudini.

Questo è il portato stesso di un tempo in cui la realtà del mercato non può essere affrontata completamente da soli: servono più pensieri, servono più competenze, servono più qualità, servono più interazioni. Non ci consente però affatto di perdere le redini, anzi. Dobbiamo tenerle ben salde: sono le redini del nostro potere personale, quale che sia il nostro ‘livello di leadership’. Con ciò intendo che dovremmo essere preparati comunque a gestire la solitudine, percependo la responsabilità come occasione più che come fardello e in ogni caso accompagnarci ad uno sparring partner, ad un coach, o ad un mentore di valore nel quale rispecchiarci e confrontarci attivamente.