Cosa intendiamo per feedback? Risposta, reazione, commento.

È ciò che situazioni, parole, comportamenti, scatenano.

È feedback un’opinione che raccogliamo su qualcosa che facciamo, è feedback l’atteggiamento che genera il nostro modo di porci, è feedback il consenso o il dissenso espresso su una nostra scelta, è feedback il responso a un nostro interrogativo. Ed è feedback, correlativamente, quello che manifestiamo su un’opinione o un atteggiamento altrui, come rispondiamo a un interrogativo che ci viene rivolto, l’approvazione o il disaccordo che muoviamo a idee e posizioni degli altri.

Naturale distinguere un feedback positivo da un feedback negativo, quello che poi conta è valutare quanto e come valgano l’uno e l’altro. In azienda, come nelle relazioni e in tutti i luoghi di lavoro, sul feedback ruota l’ingranaggio della comunicazione. L’intera interazione è fondata, appunto, sul feedback. Siamo nella dinamica dello scambio continuo: a ogni messaggio, verbale o non verbale, corrisponde una replica, un effetto.

Ecco dunque che rileva, in azienda e nei rapporti interpersonali, saper dare e saper ricevere, feedback.

La differenza tra una critica costruttiva e una critica malevole? La prima è quella che voi fate agli altri. La seconda è quella che gli altri fanno a voi (Frank Walsh).

L’acuta ironia di Frank Walsh è perfetta per toccare subito la nota dolente ma anche lo spunto saggio e lungimirante. Il feedback positivo è facile da recepire, talvolta più difficile da inviare. Il feedback negativo è spesso difficile sia in ricezione che in trasmissione.

È frequente che i collaboratori lamentino scarsità di feedback positivi del leader al loro operato. È altrettanto frequente però che leader e management fatichino a lanciare un feedback negativo per paura di conflitti o semplicemente perché padroneggiano male il dialogo e il confronto.

Entrambe le condizioni sono molto deleterie, per il clima aziendale e per l’operatività complessiva. Invece di chiarezza, motivazione, supporto, condivisione, circolano equivoci, malcontento, disunione.

In realtà un feedback oggettivo è sicuramente generatore di miglioramento, di crescita. È proprio il feedback a dirci se la nostra azione è efficace, cosa e come viene recepito qualcosa che pensiamo o facciamo. E altrettanto dare un feedback, positivo o negativo, dovrebbe aiutare molto.

Il problema in azienda è quasi sempre la modalità. Il leader che concede poco feedback positivo non esorta, non premia, mostra di non comprendere o non apprezzare. Il leader che trasmette male un feedback negativo spesso non ottiene in cambio che astio, resistenze, calo di entusiasmo. Pesano molto il contesto, il linguaggio e, in primis, la predisposizione costruttiva.

Invece di formulare un aspro rimprovero -è l’esempio tipico- giova di più chiedere spiegazioni, cercare insieme al collaboratore una soluzione possibile, trovare un momento di contatto chiarificatore.

Mi piace far notare che proprio nell’era digitale, l’era dei feedback in rete e sui social dai clienti, le aziende dovrebbero culturalmente strutturarsi al feedback. Oggi non a caso anche i leader possono beneficiare del feedback dei collaboratori: la comunicazione insomma viaggia in ogni senso di marcia e l’obiettivo primario è evolvere, in mentalità e opportunità.

Cosa può schiacciare le relazioni? Il passato, il dito puntato, lo choc della critica. Ci vuole un cambio di passo, per essere più forti, più solidi, più aperti. Così aperti da essere sempre in cammino nel cambiamento che ci migliora. Ecco che approvo le osservazioni di  Marshal Goldsmith e Jon Katzenbach che hanno coniato il termine “feedforward”, tecnica di comunicazione orientata al futuro, alla soluzione, allo scioglimento dei conflitti.

In sostanza: dire la verità, avere uno spirito cooperante, essere propositivi…perché guardare e andare nella stessa direzione ispira proprio questo!